L'omosessualità in Italia, di Raffaele Ladu

Anche in Italia gli omosessuali subirono delle persecuzioni durante il nazifascismo, anche se meno cruente che in Germania; per capirle, dobbiamo tornare al 1889, quando in tutto il Regno d'Italia l'omosessualità smise di essere un reato.

Non fu però questa una scelta di libertà, ma un modo molto più astuto di quello tedesco di combattere il fenomeno: dichiarare un comportamento un reato significa fargli pubblicità, significa dare a coloro che lo praticano uno specchio nel quale riconoscersi, significa ammettere che costoro sono una minaccia per la società; e se non lo sono per la gravità del comportamento, lo sono per il loro numero - e quindi significa, in un paese libero, sfidare queste persone a coalizzarsi per chiedere che la legge venga cambiata.

Tutto questo è accaduto infatti in tutti i paesi liberi in cui l'omosessualità era considerata un reato - gli ultimi paesi a cedere sono stati gli USA, la cui Corte Suprema ha dichiarato nel 2003 incostituzionali le leggi che in alcuni stati continuavano a punire i cosiddetti rapporti contro natura, e l'India, la più grande democrazia del mondo, che nel 2009 ha decriminalizzato l'omosessualità.

In Italia invece, non essendoci l'omosessualità tra i reati, si poteva e si può dare ad intendere che sia un fenomeno trascurabile, una bazzecola commessa da poche persone magari nemmeno italiane, che solo all'estero hanno potuto impararla, troppo poche per fare del danno. Si può quindi far credere che l'Italia sia un paese sostanzialmente esente da questo cosiddetto vizio, anche se San Bernardino da Siena l'aveva a suo tempo chiamata “Mater Sodomiae”.

Di conseguenza, ogni gay, ogni lesbica poteva credere di essere l'unico o l'unica in quella condizione, convincersi della sua anormalità, e viverla nell'isolamento o nel nascondimento; infatti in paesi come il nostro, non ci sono state retate contro chi riusciva a vivere la propria condizione con discrezione, ma già prima del fascismo la polizia aveva ampia licenza di diffidare ed ammonire gli omosessuali troppo visibili - col fascismo sarebbe arrivato anche il confino.

E' difficile stabilire quante persone siano state diffidate od ammonite a causa della loro omosessualità; ma una ricerca sui confinati politici compiuta dall'Associazione Perseguitati Politici Italiani Antifascisti negli anni '60 permise di avere qualche dato anche sui confinati per "pederastia".

Sembra che siano stati alcune centinaia, inviati soprattutto nelle isole Tremiti, ad Ustica, Favignana, Ventotene, Ponza; l'ANPPIA ha contato 77 casi, di cui 10 tra il 1926 ed il 1938, 67 tra il 1938 ed il 1943.

L'evidente impennata ha un motivo: le Leggi Razziali. Esse non servirono solo a colpire gli ebrei, ma anche a dare il la a tutta una nuova politica del regime volta al miglioramento ed all’incremento della cosiddetta razza italiana - e l'omosessualità era con questo incompatibile, non solo perché il gay ed i suoi possibili partner si sottraevano al compito di riprodurre la stirpe, ma anche e soprattutto perché, nell'ignoranza che dura tuttora su che cosa induce le persone a diventare etero od omo, si supponeva che l'omosessualità fosse un sintomo di degenerazione della persona - perciò, anche se avesse voluto approfittarne, al gay non si doveva consentire di riprodursi.

Dopo la guerra non si ha più notizia di confini per omosessualità in Italia, ma nemmeno in Italia, come in Germania, le vittime hanno potuto chiedere un risarcimento, in quanto l'omosessualità non era un reato, ma nessuno avrebbe negato che era comunque un disvalore, e manifestarla pubblicamente poteva motivare la reazione delle autorità di polizia.

La situazione è abbastanza cambiata da allora, ma l'Italia, che all'inizio del '900 era quasi un paradiso al confronto dell'Inghilterra e della Germania, ora è diventata uno dei paesi più omofobi d'Europa. Ho sentito più persone raccontarmi questo: in Germania è ormai frequente trovare due giovanotti o due giovinette che passeggiano mano nella mano; se un passante li apostrofa, questi non è tedesco, e non è nemmeno turco - è italiano.

Il più grosso problema che hanno gli omosessuali in Italia è l'impossibilità di sposarsi legalmente - se si sposano in paesi come il Canada, l'Olanda, il Belgio, la Spagna, l’Argentina, alcuni stati USA, eccetera, il Ministero dell'Interno vieta ai comuni italiani di registrare il matrimonio.

Sposarsi non vuole dire soltanto avere un mucchio di benefici che le coppie non coniugate non hanno - vuol dire anche dichiarare pubblicamente il proprio legame di coppia e chiedere agli altri di rispettarlo e sostenerlo. Vuol dire creare un impegno a lungo termine, se non per l'intera vita - al pari di chi è etero - nel quale magari allevare dei figli. Vuol dire designare una persona che potrà prendere decisioni in nome nostro e per nostro conto e dei nostri figli se siamo assenti, incoscienti od incapacitati.

Sono molti gli inconvenienti del matrimonio, ma attualmente la maggior parte delle persone LGBT si concentra sui suoi pregi; l’anno scorso la Corte Costituzionale è intervenuta, con la sentenza 138/2010, stabilendo che le coppie gay non sono un disvalore, ed anzi fanno parte delle formazioni sociali nelle quali l’individuo esprime la sua personalità (Articolo 2 della Costituzione), e perciò meritano tutela – ma tocca al legislatore stabilire come. Ed a questo dovere il legislatore italiano si è sempre sottratto.

Altro serio problema sta nelle sempre più frequenti aggressioni omofobe: si va dal bullismo omofobico a scuola, di cui vi parlerà la nostra amica Laura, a gravi lesioni personali o addirittura ad uccisioni di persone motivate dall'odio per l'omosessuale od il transessuale.

Tra parentesi, se una persona viene aggredita perché di colore od ebrea, la motivazione dell'odio razziale, od etnico-religioso è un'aggravante; se una persona è aggredita perché lesbica, gay, bi o trans, questo non è un aggravante - è stata aggredita per caso.

E' vietata in Italia la propaganda della superiorità di una razza o di un'etnia sulle altre, e l’istigazione all’odio razziale, etnico, religioso, ma non è vietata la denigrazione di chi non è eterosessuale, anche se l'insulto personale è sempre punito.

Mi spiace doverlo dire, ma la chiesa cattolica peggiora la situazione. Essa non è mandante di aggressioni omofobe, ma fa di tutto per contrastare un'azione legislativa in difesa delle vittime omosessuali, come si è visto quando si è tentato di introdurre in Italia una legge contro l'omofobia.

La proposta fu bloccata da parlamentari dell'UDC, che è il partito italiano più legato alle gerarchie cattoliche, ed una di queste parlamentari non perse l'occasione di disonorare la sua professione di neuropsichiatra dichiarando che la legge avrebbe reso punibile anche lei qualora avesse detto quello che pensava - ovvero, cose ritenute spregevoli dai suoi stessi colleghi.

La tutela degli omosessuali contro le discriminazioni nei luoghi di lavoro è affidata ad una direttiva europea del 2000 - ovvero, il nostro paese ha preferito essere costretto a fare il suo dovere anziché farlo volentieri.

Sebbene l'Italia sia più un purgatorio che un paradiso per le persone LGBT, la situazione è molto migliore che in altri 107 paesi del mondo, tant'è vero che l'Italia concede l'asilo politico a coloro che sono perseguitati per il loro orientamento sessuale (quindi lesbiche, gay, bisessuali) e per la loro identità di genere (trans) - mentre una volta lo concedeva soltanto ai dissidenti che lottavano contro i regimi totalitari d'oltrecortina.

Infatti l'articolo 10, secondo capoverso, della Costituzione italiana recita:
Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge.
Ora, le libertà democratiche non si esauriscono nel votare chi si vuole; comprendono anche il diritto di vivere una vita sessuale coerente con i propri desideri e le proprie scelte - perciò i paesi che vietano ai loro abitanti di vivere da lesbiche, gay, bi o trans violano un diritto fondamentale della persona ed obbligano il nostro paese ad offrire un rimedio - permettere a chi viene perseguitato di venire a vivere da noi per vivere una vita degna di un essere umano.

L'asilo politico si chiede in Questura, che poi invia gli atti ad una commissione - quella competente per il Veneto si riunisce a Gorizia - che poi interrogherà il richiedente prima di decidere; è però molto utile farsi assistere da personale esperto e specializzato, e per questo sono nati in diverse città italiane, tra cui Verona, gli Sportelli Aiuto Migranti, ad opera di alcune associazioni LGBT e non solo.

Il nostro scopo è quello di valutare le possibilità di successo di una richiesta di asilo politico da parte di un migrante che si dichiara perseguitato perché LGBT, prospettargli delle alternative se possibili (perché l'asilo politico, detto tecnicamente "protezione internazionale", esige un prezzo molto elevato: non si può più tornare nel proprio paese d'origine), e se l'asilo politico sembra la soluzione migliore, aiutarlo ad istruire la pratica ed a sostenere il colloquio.

Non sono moltissimi i casi che abbiamo affrontato finora, perché questi migranti spesso sono discriminati anche all'interno della loro comunità in Italia, e preferiscono non farsi notare; un caso lo abbiamo affrontato direttamente, e sembra avviato a felice soluzione - una persona vittima nel suo paese di insulti, vandalismi ed aggressioni, e che non poteva rivolgersi alla polizia, perché in quel paese i cosiddetti 'atti contro natura' sono puniti con la prigione.

Abbiamo ricevuto anche richieste da persone che vivono fuori provincia, ed in questo caso li abbiamo indirizzati alle associazioni locali più preparate - in almeno un caso tutto sta andando bene.

Concludo ricordando che noi del Centro Milk di Verona siamo sempre pronti a parlare con voi ed a darvi una mano; siamo aperti tutti i sabato pomeriggio dalle 15 alle 18, e può iscriversi a noi chi ha più di 16 anni. Va precisato che, anche se curiamo ossessivamente la vostra privacy, iscriversi all'ArciGay od all'ArciLesbica non significa dichiararsi gay o lesbiche; significa semplicemente lottare per i diritti delle persone LGBT.

Penso di aver finito, e vi saluto.

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