RARO CANCRO RISCONTRATO IN 41 S OMOSESSUALI
NYT - 3 Luglio 1981
I medici di New York e California hanno diagnosticato tra gli uomini omosessuali 41 casi di una forma rara e spesso rapidamente fatale di cancro. Otto delle vittime sono morti meno di 24 mesi dopo la diagnosi è stata fatta.
La causa del focolaio è sconosciuta, e non vi è ancora alcuna evidenza di contagio. Ma i medici che hanno fatto la diagnosi, per lo più a New York e la San Francisco Bay Area, stanno allertando gli altri medici che trattano un gran numero di uomini omosessuali al problema, nel tentativo di contribuire a identificare i casi più e ridurre il ritardo nella presentazione trattamento chemioterapico.
L'improvvisa comparsa del cancro, chiamato Sarcoma di Kaposi, ha spinto una indagine medica che dicono gli esperti potrebbe essere il più scientifico per la salute pubblica a causa di ciò che può insegnare su come determinare le cause di più comuni tipi di cancro. Appare in primo spot
I medici hanno insegnato in passato che il tumore di solito apparve prima in punti sulle gambe e che la malattia ha un decorso lento fino a 10 anni. Ma questi casi recenti hanno dimostrato che appare in una o più macchie di colore viola ovunque sul corpo. I punti in genere non causano prurito o altri sintomi, spesso può essere scambiata per lividi, a volte appaiono come grumi e può diventare marrone dopo un periodo di tempo. Il cancro è spesso causa di gonfiore delle ghiandole linfatiche, e poi uccide diffondendo in tutto il corpo.
Medici indagando lo scoppio credo che molti casi sono passati inosservati a causa della rarità della patologia e la difficoltà anche dermatologi possono avere nella diagnosi di esso.
In una lettera di avviso altri medici al problema, il Dott. Alvin E. Friedman-Kien della New York University Medical Center, uno degli investigatori, ha descritto la comparsa del focolaio come''piuttosto devastanti.''
Dr. Friedman-Kien ha detto in un'intervista ieri che sapeva di 41 casi raccolti nelle ultime cinque settimane, con i casi si risale al passato 30 mesi. I Centri federali per il controllo delle malattie di Atlanta si prevede di pubblicare la prima descrizione del focolaio nel suo rapporto settimanale di oggi, secondo un portavoce, il Dr. James Curran. La relazione rileva 26 dei casi - 20 a New York e sei in California.
Non esiste un registro nazionale delle vittime del cancro, ma l'incidenza a livello nazionale del sarcoma di Kaposi in passato era stato stimato dal Centers for Disease Control deve essere inferiore a 6-1 centesimi di un caso ogni 100.000 persone all'anno, ovvero circa due casi in ogni tre milioni di persone. Tuttavia, la malattia rappresenta fino al 9 per cento di tutti i tumori in una cintura in Africa equatoriale, dove è comunemente colpisce bambini e giovani adulti.
Negli Stati Uniti, ha colpito soprattutto gli uomini di età superiore ai 50 anni. Ma nei casi recenti, i medici in nove centri medici di New York e sette ospedali in California sono stati diagnosticare la condizione tra i giovani uomini, ognuno dei quali ha dichiarato nel corso di standard di colloqui diagnostici che erano omosessuali. Sebbene l'età dei pazienti che hanno spaziato dal 26-51 anni, molti sono stati sotto i 40, con la media a 39.
Nove dei 41 casi noti al Dott. Friedman-Kien sono stati diagnosticati in California, e molti di quelle vittime hanno riferito che erano stati a New York nel periodo precedente la diagnosi. Dr. Friedman-Kien ha detto che i suoi colleghi stavano controllando sui rapporti di due vittime diagnosticato a Copenaghen, uno dei quali aveva visitato New York.Infezioni virali Indicato
Nessuno ricercatore medico intervistato ha ancora tutte le vittime, il Dott. Curran ha detto. Secondo il Dr. Friedman-Kien, i medici di reporting ha detto che la maggior parte dei casi avevano coinvolto uomini omosessuali che hanno avuto incontri sessuali multipli e frequenti con partner diversi, ben 10 incontri sessuali ogni notte fino a quattro volte la settimana.
Molti dei pazienti sono stati trattati per infezioni virali come l'herpes, il citomegalovirus e l'epatite B così come le infezioni parassitarie, come amebiasi e giardiasi. Molti pazienti hanno anche riferito di aver fatto uso di droghe come il nitrito di amile e LSD per aumentare il piacere sessuale.
Il cancro non si crede che sia contagiosa, ma le condizioni che potrebbero precipitare, come virus o particolari fattori ambientali, potrebbe spiegare un focolaio in un gruppo unico.
I ricercatori medici dicono alcune prove indirette punti effettivamente lontano da contagio come una causa. Nessuno dei pazienti si conoscevano, anche se la possibilità teorica che alcuni possono avere avuto contatti sessuali con una persona con sarcoma di Kaposi ad un certo punto in passato non poteva essere esclusa, il dottor Friedman-Kien ha detto.
Dott. Curran detto che non c'era alcun pericolo evidente per nonhomosexuals dal contagio. ''La prova migliore contro il contagio'', ha detto,''non è che i casi sono stati segnalati fino ad oggi al di fuori della comunità omosessuale o nelle donne.''
Dr. Friedman-Kien ha detto di aver testato nove delle vittime e gravi difetti trovati nei loro sistemi immunologici. I pazienti avevano gravi disfunzioni di due tipi di cellule chiamate linfociti T e cellule B, che hanno un ruolo importante nella lotta contro le infezioni e cancro.
Ma il dottor Friedman-Kien ha sottolineato che i ricercatori non sapevano se i difetti immunologici sono stati il problema di fondo o si era sviluppata secondariamente alle infezioni o l'uso di droghe.
Il team di ricerca sta sperimentando varie ipotesi, una delle quali è un possibile legame tra l'infezione da citomegalovirus e passato con lo sviluppo del sarcoma di Kaposi.
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Aids: 30 anni fa in Usa annuncio primi casi malattia
(Adnkronos Salute)
09 giugno 2011
Roma, 31 mag. (Adnkronos Salute) - All'inizio sembrava una strana e piccola epidemia: una manciata di casi rilevati in primavera e all'inizio dell'estate del 1981 fra i giovani gay di New York e California, colpiti da forme di polmonite e cancro solitamente tipiche di persone con un sistema immunitario gravemente indebolito. Si trattava invece dell'inizio dell'epidemia con la 'e' maiuscola, quella di Aids, che fino ad oggi ha colpito oltre 60 milioni di persone in tutto il mondo, uccidendone almeno la metà.
La segnalazione ufficiale dei primi casi avvenne in maniera confusionaria: esattamente 30 anni fa, all'inizio di giugno, l'autorità federale per il controllo delle malattie evidenziò "cinque giovani uomini, tutti omosessuali", con una forma particolare di polmonite. Un mese dopo fu pubblicato il primo articolo sull'Aids dal 'New York Times', intitolato 'Rare Cancer Seen in 41 homosexuals', cioé 'raro cancro della pelle rilevato in 41 omosessuali'. Si trattava del sarcoma di Kaposi e fino ad allora era stato osservato raramente in giovani uomini.
A poco a poco si chiarì che i tumori e le polmoniti erano conseguenza di una malattia a trasmissione sessuale che danneggia il sistema immunitario, ma le teorie sulla sua origine furono le più disparate. Ci vollero tre anni per identificare l'Hiv, il virus che causa l'Aids. I funzionari federali americani la chiamarono sindrome da immunodeficienza acquisita nel 1982, dopo vari tentativi di denominazioni discriminatorie come 'Grid' o immunodeficienza correlata ai gay.
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Aids
Un po’ di storia
La sindrome è stata riportata per la prima volta in letteratura nel 1981, anche se già negli anni Settanta erano stati riportati casi isolati di Aids negli Stati Uniti e in numerose altre aree del mondo (Haiti, Africa ed Europa).
Alla fine del 1980, Michael Gottlieb, ricercatore dell'Università della California, sta svolgendo una ricerca clinica sui deficit del sistema immunitario. Analizzando le cartelle cliniche dei ricoverati in ospedale, si imbatte nel caso di un giovane paziente che soffre di un raro tipo di polmonite dovuta a Pneumocystis carinii, un protozoo che solitamente colpisce solo pazienti con un sistema immunitario indebolito. Nei mesi successivi, Gottlieb scopre altri tre casi di pazienti, tutti omosessuali attivi, con un basso livello di linfociti T.
Nel 1981, i Centers for Disease Control and Prevention (cdc di Atlanta) segnalano sul loro bollettino epidemiologico, il Morbidity and Mortality Weekly Report (Mmwr), un aumento improvviso e inspiegabile di casi di polmonite da Pneumocystis carinii in giovani omosessuali. Successivamente vengono segnalati ai Cdc nuovi casi di pazienti che soffrono di un raro tumore dei vasi sanguigni, il sarcoma di Kaposi. Con la pubblicazione di questi dati, si fa lentamente strada la consapevolezza di essere di fronte a una nuova malattia. Pochi giorni dopo i Cdc costituiscono una task force espressamente dedicata alla ricerca sul sarcoma di Kaposi e sulle altre infezioni opportunistiche.
Sebbene non siano chiare le modalità di trasmissione e di contagio, cominciano a nascere le prime teorie sulle possibili cause di queste infezioni e tumori: l’infezione da Cytomegalovirus (Cmv), l’uso di droghe, un’eccessiva stimolazione del sistema immunitario. L’ipotesi più accreditata è comunque quella che la malattia colpisca soltanto gli omosessuali. Il messaggio arriva anche a livello dell’opinione pubblica, con il titolo del New York Times «Raro cancro osservato in 41 omosessuali». Alla fine dell’anno, però, la malattia comincia a colpire anche gli eterosessuali e, soprattutto, esce dal confine degli Stati Uniti: viene registrato infatti il primo caso europeo, in Inghilterra.
Alla fine del 1981, la malattia non ha ancora un nome. Mentre i Cdc parlano di “linfoadenopatia” o di sarcoma di Kaposi e altre infezioni opportunistiche, sulla carta stampata si cominciano a leggere le definizioni più disparate: The Lancet parla di “gay compromise sindrome”, mentre sui quotidiani nazionali di diversi Paesi si leggono espressioni come “immunodeficienza gay-correlata (Grid)”, “cancro dei gay”, “disfunzione immunitaria acquisita”.
Quando nel giugno 1982 viene registrato un gruppo di casi fra maschi omosessuali nel sud della California, comincia a serpeggiare fra i ricercatori l’ipotesi che la malattia abbia un’origine virale. Nel mese successivo, quando i Cdc contano 452 casi totali in 23 Stati diversi, si registrano i primi casi fra gli emofiliaci, individui portatori di un difetto ereditario nei processi di coagulazione del sangue e obbligati quindi a sottoporsi a continue trasfusioni.
Durante il mese di agosto, nel corso di un congresso promosso dalla Food and Drug Administration (Fda), viene proposto per la prima volta il termine “sindrome da immuno-deficienza acquisita” per definire la nuova malattia. L’espressione indica come ci si trovi di fronte a una malattia di origine non ereditaria, ma che viene invece acquisita attraverso un meccanismo di trasmissione ancora ignoto, e che consiste in una deficienza del sistema immunitario. “Sindrome” perché non è un’unica malattia, ma si presenta sotto forma di diverse manifestazioni patologiche.
Il 1982 si chiude con due eventi significativi: la prima morte, a seguito di una trasfusione infetta, di un bimbo emofiliaco e il primo caso di trasmissione materno-fetale dell’Aids. Si fa dunque sempre più strada la consapevolezza di essere al cospetto di una nuova malattia in diffusione, che riguarda tutti e non più solo piccole categorie, anche al di fuori del confine degli Stati Uniti.
Nel 1983, in un incontro dei Cdc si comincia a discutere su come prevenire la trasmissione dell’Aids, considerando anche i rischi legati alle procedure di trasfusione, soprattutto nel caso di pazienti emofiliaci. È ormai chiaro che la malattia si può trasmettere anche fra eterosessuali e non soltanto fra omosessuali come si riteneva all’inizio.
Nel maggio del 1983 all’Istituto Pasteur di Parigi il virologo francese Luc Montagnier riporta l’isolamento di un nuovo virus che potrebbe essere l’agente responsabile della trasmissione della malattia. Il virus viene isolato dalle cellule coltivate in laboratorio di un paziente omosessuale con linfonodi ingrossati, privo però di alcun sintomo di Aids. Inviato ai Cdc di Atlanta, il virus viene analizzato e denominato Lav (Virus associato a linfoadenopatia), quindi viene inviato al National Cancer Institute di Bethesda, per ulteriori ricerche.
Un anno dopo, il 22 aprile 1984, i Cdc dichiarano pubblicamente che il virus francese Lav è stato definitivamente identificato come la causa dell'Aids dai ricercatori dell’Istituto Pasteur. Il giorno successivo Margaret Heckler, il segretario dell’Health and Human Services, annuncia che Robert Gallo, direttore del laboratorio di biologia cellulare dei tumori del National Cancer Institute, ha a sua volta isolato da pazienti malati di Aids il virus candidato a essere il responsabile della malattia, chiamandolo Htlv-III (Virus umano della leucemia a cellule T di tipo III). Il nome assegnato al virus indica come faccia parte di una famiglia di retrovirus identificata dallo stesso Gallo, costituita da virus che infettano i linfociti T umani e che sembrano essere coinvolti nella proliferazione anomala di queste cellule, come la leucemia appunto. Gli Htlv sono i primi retrovirus umani mai scoperti. Nell’annuncio viene anche dichiarato che sarà presto disponibile un test commerciale per diagnosticare l’infezione.
Inizia così una vera e propria battaglia legale fra i due prestigiosi istituti di ricerca, che rivendicano entrambi la paternità della scoperta, tanto clamorosa da valere il premio Nobel.
Nei primi mesi del 1985 vengono pubblicati numerosissimi lavori sui due virus oggetto del contendere: la conclusione collettiva è che si tratti dello stesso virus. Nel 1986 un comitato internazionale stabilisce un nuovo nome per indicare il virus dell'Aids: d’ora in poi si p
arlerà soltanto di Hiv, ovvero “Virus dell’immunodeficienza umana”
Come viene ricordato in un articolo pubblicato su www.sanitaincifre.it, l’Aids ha compiuto 30 anni, o meglio sono passati circa 30 anni da quando ci si è accorti di quella che è poi diventata una vera e propria epidemia.
Come viene ricordato in un articolo pubblicato su www.sanitaincifre.it, l’Aids ha compiuto 30 anni, o meglio sono passati circa 30 anni da quando ci si è accorti di quella che è poi diventata una vera e propria epidemia. Cosi è scritto nell’articolo citato:
“All’inizio sembrava una strana e piccola epidemia: una manciata di casi rilevati in primavera e all’inizio dell’estate del 1981 fra i giovani gay di New York e California, colpiti da forme di polmonite e cancro solitamente tipiche di persone con un sistema immunitario gravemente indebolito.
Si trattava invece dell’inizio dell’epidemia con la ‘e’ maiuscola, quella di Aids, che fino ad oggi ha colpito oltre 60 milioni di persone in tutto il mondo, uccidendone almeno la metà.
La segnalazione ufficiale dei primi casi avvenne in maniera confusionaria: esattamente 30 anni fa, all’inizio di giugno, l’autorità federale per il controllo delle malattie evidenziò ‘cinque giovani uomini, tutti omosessuali’, con una forma particolare di polmonite. Un mese dopo fu pubblicato il primo articolo sull’Aids dal ‘New York Times’, intitolato ‘Rare Cancer Seen in 41 homosexuals’, cioè ‘raro cancro della pelle rilevato in 41 omosessuali’. Si trattava del sarcoma di Kaposi e fino ad allora era stato osservato raramente in giovani uomini.
A poco a poco si chiarì che i tumori e le polmoniti erano conseguenza di una malattia a trasmissione sessuale che danneggia il sistema immunitario, ma le teorie sulla sua origine furono le più disparate.
Ci vollero tre anni per identificare l’Hiv, il virus che causa l’Aids. I funzionari federali americani la chiamarono sindrome da immunodeficienza acquisita nel 1982, dopo vari tentativi di denominazioni discriminatorie come ‘Grid’ o immunodeficienza correlata ai gay”.
Relativamente ai 30 anni dell’Aids l’Ansa ha emesso un comunicato:
L'Aids 30 anni fa nasceva così: uno scarno comunicato di tre paginette sull'Mmwr (morbility and morbidity weekly report) l'agile opuscolo diffuso dal quartier generale del centro per le malattie degli Stati Uniti di Atlanta, segnalava ai centri sentinella americani alcune inusuali malattie in 5 giovani omosessuali maschi. Risiedevano nelle grandi aree urbane di Los Angeles e di New York e presentavano una polmonite e un raro tumore della pelle. Era il 5 giugno del 1981. Dopo due mesi i casi da 5 arrivarono a 41.
Quelle segnalazioni dei Cdc sono considerate l'inizio ufficiale dell'epidemia di Aids, una malattia che ha cambiato la vita di milioni di persone, che continua dilagare nel pianeta e che ha mutato la storia della medicina.
Secondo l'ultimo rapporto dell'Unaids sono più di 33 milioni le persone che vivono con il virus Hiv, quasi 3 milioni i bambini, mentre nel 2009 si calcola che si siano infettate 2,6 milioni di persone e morte 2 milioni.
In Italia il virus Hiv infetta una persona ogni due ore; negli ultimi 20 anni è aumentata l'età media nella quale si contrae l'infezione (39 anni per gli uomini e 35 per le donne) e in 8 casi su 10 il virus Hiv si trasmette per via sessuale. Gli eterosessuali sono i più colpiti (65,4%) e il 25,3% non presenta fattori di rischio”.
In un altro comunicato dell’Ansa si può leggere:
“A 30 anni dal primo caso di Aids la malattia ha un volto completamente diverso, ma è tutt'altro che debellata soprattutto nel Sud del mondo, dove ancora 400.000 bambini sono contagiati ogni anno, nonostante esistano le cure per azzerare la trasmissione del virus Hiv da madre a figlio.
‘Fondamentalmente la grande svolta sono state le cure: hanno cambiato la storia dell'Aids nei Paesi occidentali, trasformandolo da una malattia non curabile ad una malattia cronica’, osserva il direttore del Dipartimento del Farmaco dell'Istituto Superiore di Sanità, Stefano Vella. ‘Il risultato importante è che il trattamento, se comincia precocemente, è in grado di abbattere la trasmissione del virus del 97%’.
Il problema è che ovunque nel mondo, nel Sud come al Nord, nella maggioranza dei casi ci si accorge di essere sieropositivi al momento della diagnosi.
‘La storia quindi non è finita - ha osservato - perché il virus continua a circolare e compaiono nuovi focolari vicino a noi, come sta accadendo nell'Est europeo’. Per questo non bisogna abbassare la guardia e intervenire in tempo per abbattere le epidemia emergenti: ‘é come spegnere i nuovi focolai di un grande incendio’.
Ed anche nel mondo occidentale, dove finora si sono riportate tante vittorie, l'epidemia ‘cova ancora sotto la cenere’. Focolai immensi sono in atto in Africa e bisogna seguire con attenzione quanto sta accadendo in Cina e India.
‘In un mondo globale - rileva Vella - la malattia va affrontata nella sua globalità’. E' proprio questo il tema della conferenza mondiale della International Aids Society (Ias) in programma a Roma dal 17 al 20 luglio. E tre sono le priorità che il mondo della ricerca sta indicando: l'accesso universale alle cure, proseguire la ricerca sui vaccini (‘quelli preventivi sono ancora lontani’, rileva l'esperto) e trovare una cura che non richieda un trattamento a vita.
Quanto ci sia ancora da fare in tutte e tre queste direzioni emerge dalle cifre: ‘basti pensare che ogni anno nel mondo 400.000 bambini continuano a contrarre il virus dalla madre, nonostante sia possibile azzerare a costo basso la trasmissione del virus Hiv da madre a figlio: questo è fattibile economicamente e scientificamente ed è una priorità assoluta’.
Oggi nel mondo sono in trattamento 7 milioni di persone, prosegue l'esperto, ‘ma c'é ancora molto da fare: non si tratta solo di portare i farmaci, ma bisogna rafforzare i sistemi sanitari’”.
E’ bene che la consapevolezza della necessità che ci sia ancora molto da fare nella lotta contro l’Aids si diffonda il più possibile. Io noto che, attualmente, l’attenzione dell’opinione pubblica nei confronti di questa malattia è molto ridotta. Certamente i successi conseguiti sono importanti ma l’Aids è tutt’altro che debellato. Pertanto può risultare utile, anzi necessario, “riaccendere i riflettori” sull’Aids. Altrimenti è possibile non solo che l’Aids non sia sconfitto definitivamente, almeno in tempi ragionevoli, ma anche che questa malattia subisca un considerevole aumento della sua diffusione.
NYT - 3 Luglio 1981
I medici di New York e California hanno diagnosticato tra gli uomini omosessuali 41 casi di una forma rara e spesso rapidamente fatale di cancro. Otto delle vittime sono morti meno di 24 mesi dopo la diagnosi è stata fatta.
La causa del focolaio è sconosciuta, e non vi è ancora alcuna evidenza di contagio. Ma i medici che hanno fatto la diagnosi, per lo più a New York e la San Francisco Bay Area, stanno allertando gli altri medici che trattano un gran numero di uomini omosessuali al problema, nel tentativo di contribuire a identificare i casi più e ridurre il ritardo nella presentazione trattamento chemioterapico.
L'improvvisa comparsa del cancro, chiamato Sarcoma di Kaposi, ha spinto una indagine medica che dicono gli esperti potrebbe essere il più scientifico per la salute pubblica a causa di ciò che può insegnare su come determinare le cause di più comuni tipi di cancro. Appare in primo spot
I medici hanno insegnato in passato che il tumore di solito apparve prima in punti sulle gambe e che la malattia ha un decorso lento fino a 10 anni. Ma questi casi recenti hanno dimostrato che appare in una o più macchie di colore viola ovunque sul corpo. I punti in genere non causano prurito o altri sintomi, spesso può essere scambiata per lividi, a volte appaiono come grumi e può diventare marrone dopo un periodo di tempo. Il cancro è spesso causa di gonfiore delle ghiandole linfatiche, e poi uccide diffondendo in tutto il corpo.
Medici indagando lo scoppio credo che molti casi sono passati inosservati a causa della rarità della patologia e la difficoltà anche dermatologi possono avere nella diagnosi di esso.
In una lettera di avviso altri medici al problema, il Dott. Alvin E. Friedman-Kien della New York University Medical Center, uno degli investigatori, ha descritto la comparsa del focolaio come''piuttosto devastanti.''
Dr. Friedman-Kien ha detto in un'intervista ieri che sapeva di 41 casi raccolti nelle ultime cinque settimane, con i casi si risale al passato 30 mesi. I Centri federali per il controllo delle malattie di Atlanta si prevede di pubblicare la prima descrizione del focolaio nel suo rapporto settimanale di oggi, secondo un portavoce, il Dr. James Curran. La relazione rileva 26 dei casi - 20 a New York e sei in California.
Non esiste un registro nazionale delle vittime del cancro, ma l'incidenza a livello nazionale del sarcoma di Kaposi in passato era stato stimato dal Centers for Disease Control deve essere inferiore a 6-1 centesimi di un caso ogni 100.000 persone all'anno, ovvero circa due casi in ogni tre milioni di persone. Tuttavia, la malattia rappresenta fino al 9 per cento di tutti i tumori in una cintura in Africa equatoriale, dove è comunemente colpisce bambini e giovani adulti.
Negli Stati Uniti, ha colpito soprattutto gli uomini di età superiore ai 50 anni. Ma nei casi recenti, i medici in nove centri medici di New York e sette ospedali in California sono stati diagnosticare la condizione tra i giovani uomini, ognuno dei quali ha dichiarato nel corso di standard di colloqui diagnostici che erano omosessuali. Sebbene l'età dei pazienti che hanno spaziato dal 26-51 anni, molti sono stati sotto i 40, con la media a 39.
Nove dei 41 casi noti al Dott. Friedman-Kien sono stati diagnosticati in California, e molti di quelle vittime hanno riferito che erano stati a New York nel periodo precedente la diagnosi. Dr. Friedman-Kien ha detto che i suoi colleghi stavano controllando sui rapporti di due vittime diagnosticato a Copenaghen, uno dei quali aveva visitato New York.Infezioni virali Indicato
Nessuno ricercatore medico intervistato ha ancora tutte le vittime, il Dott. Curran ha detto. Secondo il Dr. Friedman-Kien, i medici di reporting ha detto che la maggior parte dei casi avevano coinvolto uomini omosessuali che hanno avuto incontri sessuali multipli e frequenti con partner diversi, ben 10 incontri sessuali ogni notte fino a quattro volte la settimana.
Molti dei pazienti sono stati trattati per infezioni virali come l'herpes, il citomegalovirus e l'epatite B così come le infezioni parassitarie, come amebiasi e giardiasi. Molti pazienti hanno anche riferito di aver fatto uso di droghe come il nitrito di amile e LSD per aumentare il piacere sessuale.
Il cancro non si crede che sia contagiosa, ma le condizioni che potrebbero precipitare, come virus o particolari fattori ambientali, potrebbe spiegare un focolaio in un gruppo unico.
I ricercatori medici dicono alcune prove indirette punti effettivamente lontano da contagio come una causa. Nessuno dei pazienti si conoscevano, anche se la possibilità teorica che alcuni possono avere avuto contatti sessuali con una persona con sarcoma di Kaposi ad un certo punto in passato non poteva essere esclusa, il dottor Friedman-Kien ha detto.
Dott. Curran detto che non c'era alcun pericolo evidente per nonhomosexuals dal contagio. ''La prova migliore contro il contagio'', ha detto,''non è che i casi sono stati segnalati fino ad oggi al di fuori della comunità omosessuale o nelle donne.''
Dr. Friedman-Kien ha detto di aver testato nove delle vittime e gravi difetti trovati nei loro sistemi immunologici. I pazienti avevano gravi disfunzioni di due tipi di cellule chiamate linfociti T e cellule B, che hanno un ruolo importante nella lotta contro le infezioni e cancro.
Ma il dottor Friedman-Kien ha sottolineato che i ricercatori non sapevano se i difetti immunologici sono stati il problema di fondo o si era sviluppata secondariamente alle infezioni o l'uso di droghe.
Il team di ricerca sta sperimentando varie ipotesi, una delle quali è un possibile legame tra l'infezione da citomegalovirus e passato con lo sviluppo del sarcoma di Kaposi.
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Aids: 30 anni fa in Usa annuncio primi casi malattia
(Adnkronos Salute)
09 giugno 2011
Roma, 31 mag. (Adnkronos Salute) - All'inizio sembrava una strana e piccola epidemia: una manciata di casi rilevati in primavera e all'inizio dell'estate del 1981 fra i giovani gay di New York e California, colpiti da forme di polmonite e cancro solitamente tipiche di persone con un sistema immunitario gravemente indebolito. Si trattava invece dell'inizio dell'epidemia con la 'e' maiuscola, quella di Aids, che fino ad oggi ha colpito oltre 60 milioni di persone in tutto il mondo, uccidendone almeno la metà.
La segnalazione ufficiale dei primi casi avvenne in maniera confusionaria: esattamente 30 anni fa, all'inizio di giugno, l'autorità federale per il controllo delle malattie evidenziò "cinque giovani uomini, tutti omosessuali", con una forma particolare di polmonite. Un mese dopo fu pubblicato il primo articolo sull'Aids dal 'New York Times', intitolato 'Rare Cancer Seen in 41 homosexuals', cioé 'raro cancro della pelle rilevato in 41 omosessuali'. Si trattava del sarcoma di Kaposi e fino ad allora era stato osservato raramente in giovani uomini.
A poco a poco si chiarì che i tumori e le polmoniti erano conseguenza di una malattia a trasmissione sessuale che danneggia il sistema immunitario, ma le teorie sulla sua origine furono le più disparate. Ci vollero tre anni per identificare l'Hiv, il virus che causa l'Aids. I funzionari federali americani la chiamarono sindrome da immunodeficienza acquisita nel 1982, dopo vari tentativi di denominazioni discriminatorie come 'Grid' o immunodeficienza correlata ai gay.
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Aids
Un po’ di storia
La sindrome è stata riportata per la prima volta in letteratura nel 1981, anche se già negli anni Settanta erano stati riportati casi isolati di Aids negli Stati Uniti e in numerose altre aree del mondo (Haiti, Africa ed Europa).
Alla fine del 1980, Michael Gottlieb, ricercatore dell'Università della California, sta svolgendo una ricerca clinica sui deficit del sistema immunitario. Analizzando le cartelle cliniche dei ricoverati in ospedale, si imbatte nel caso di un giovane paziente che soffre di un raro tipo di polmonite dovuta a Pneumocystis carinii, un protozoo che solitamente colpisce solo pazienti con un sistema immunitario indebolito. Nei mesi successivi, Gottlieb scopre altri tre casi di pazienti, tutti omosessuali attivi, con un basso livello di linfociti T.
Nel 1981, i Centers for Disease Control and Prevention (cdc di Atlanta) segnalano sul loro bollettino epidemiologico, il Morbidity and Mortality Weekly Report (Mmwr), un aumento improvviso e inspiegabile di casi di polmonite da Pneumocystis carinii in giovani omosessuali. Successivamente vengono segnalati ai Cdc nuovi casi di pazienti che soffrono di un raro tumore dei vasi sanguigni, il sarcoma di Kaposi. Con la pubblicazione di questi dati, si fa lentamente strada la consapevolezza di essere di fronte a una nuova malattia. Pochi giorni dopo i Cdc costituiscono una task force espressamente dedicata alla ricerca sul sarcoma di Kaposi e sulle altre infezioni opportunistiche.
Sebbene non siano chiare le modalità di trasmissione e di contagio, cominciano a nascere le prime teorie sulle possibili cause di queste infezioni e tumori: l’infezione da Cytomegalovirus (Cmv), l’uso di droghe, un’eccessiva stimolazione del sistema immunitario. L’ipotesi più accreditata è comunque quella che la malattia colpisca soltanto gli omosessuali. Il messaggio arriva anche a livello dell’opinione pubblica, con il titolo del New York Times «Raro cancro osservato in 41 omosessuali». Alla fine dell’anno, però, la malattia comincia a colpire anche gli eterosessuali e, soprattutto, esce dal confine degli Stati Uniti: viene registrato infatti il primo caso europeo, in Inghilterra.
Alla fine del 1981, la malattia non ha ancora un nome. Mentre i Cdc parlano di “linfoadenopatia” o di sarcoma di Kaposi e altre infezioni opportunistiche, sulla carta stampata si cominciano a leggere le definizioni più disparate: The Lancet parla di “gay compromise sindrome”, mentre sui quotidiani nazionali di diversi Paesi si leggono espressioni come “immunodeficienza gay-correlata (Grid)”, “cancro dei gay”, “disfunzione immunitaria acquisita”.
Quando nel giugno 1982 viene registrato un gruppo di casi fra maschi omosessuali nel sud della California, comincia a serpeggiare fra i ricercatori l’ipotesi che la malattia abbia un’origine virale. Nel mese successivo, quando i Cdc contano 452 casi totali in 23 Stati diversi, si registrano i primi casi fra gli emofiliaci, individui portatori di un difetto ereditario nei processi di coagulazione del sangue e obbligati quindi a sottoporsi a continue trasfusioni.
Durante il mese di agosto, nel corso di un congresso promosso dalla Food and Drug Administration (Fda), viene proposto per la prima volta il termine “sindrome da immuno-deficienza acquisita” per definire la nuova malattia. L’espressione indica come ci si trovi di fronte a una malattia di origine non ereditaria, ma che viene invece acquisita attraverso un meccanismo di trasmissione ancora ignoto, e che consiste in una deficienza del sistema immunitario. “Sindrome” perché non è un’unica malattia, ma si presenta sotto forma di diverse manifestazioni patologiche.
Il 1982 si chiude con due eventi significativi: la prima morte, a seguito di una trasfusione infetta, di un bimbo emofiliaco e il primo caso di trasmissione materno-fetale dell’Aids. Si fa dunque sempre più strada la consapevolezza di essere al cospetto di una nuova malattia in diffusione, che riguarda tutti e non più solo piccole categorie, anche al di fuori del confine degli Stati Uniti.
Nel 1983, in un incontro dei Cdc si comincia a discutere su come prevenire la trasmissione dell’Aids, considerando anche i rischi legati alle procedure di trasfusione, soprattutto nel caso di pazienti emofiliaci. È ormai chiaro che la malattia si può trasmettere anche fra eterosessuali e non soltanto fra omosessuali come si riteneva all’inizio.
Nel maggio del 1983 all’Istituto Pasteur di Parigi il virologo francese Luc Montagnier riporta l’isolamento di un nuovo virus che potrebbe essere l’agente responsabile della trasmissione della malattia. Il virus viene isolato dalle cellule coltivate in laboratorio di un paziente omosessuale con linfonodi ingrossati, privo però di alcun sintomo di Aids. Inviato ai Cdc di Atlanta, il virus viene analizzato e denominato Lav (Virus associato a linfoadenopatia), quindi viene inviato al National Cancer Institute di Bethesda, per ulteriori ricerche.
Un anno dopo, il 22 aprile 1984, i Cdc dichiarano pubblicamente che il virus francese Lav è stato definitivamente identificato come la causa dell'Aids dai ricercatori dell’Istituto Pasteur. Il giorno successivo Margaret Heckler, il segretario dell’Health and Human Services, annuncia che Robert Gallo, direttore del laboratorio di biologia cellulare dei tumori del National Cancer Institute, ha a sua volta isolato da pazienti malati di Aids il virus candidato a essere il responsabile della malattia, chiamandolo Htlv-III (Virus umano della leucemia a cellule T di tipo III). Il nome assegnato al virus indica come faccia parte di una famiglia di retrovirus identificata dallo stesso Gallo, costituita da virus che infettano i linfociti T umani e che sembrano essere coinvolti nella proliferazione anomala di queste cellule, come la leucemia appunto. Gli Htlv sono i primi retrovirus umani mai scoperti. Nell’annuncio viene anche dichiarato che sarà presto disponibile un test commerciale per diagnosticare l’infezione.
Inizia così una vera e propria battaglia legale fra i due prestigiosi istituti di ricerca, che rivendicano entrambi la paternità della scoperta, tanto clamorosa da valere il premio Nobel.
Nei primi mesi del 1985 vengono pubblicati numerosissimi lavori sui due virus oggetto del contendere: la conclusione collettiva è che si tratti dello stesso virus. Nel 1986 un comitato internazionale stabilisce un nuovo nome per indicare il virus dell'Aids: d’ora in poi si p
arlerà soltanto di Hiv, ovvero “Virus dell’immunodeficienza umana”
Come viene ricordato in un articolo pubblicato su www.sanitaincifre.it, l’Aids ha compiuto 30 anni, o meglio sono passati circa 30 anni da quando ci si è accorti di quella che è poi diventata una vera e propria epidemia.
Come viene ricordato in un articolo pubblicato su www.sanitaincifre.it, l’Aids ha compiuto 30 anni, o meglio sono passati circa 30 anni da quando ci si è accorti di quella che è poi diventata una vera e propria epidemia. Cosi è scritto nell’articolo citato:
“All’inizio sembrava una strana e piccola epidemia: una manciata di casi rilevati in primavera e all’inizio dell’estate del 1981 fra i giovani gay di New York e California, colpiti da forme di polmonite e cancro solitamente tipiche di persone con un sistema immunitario gravemente indebolito.
Si trattava invece dell’inizio dell’epidemia con la ‘e’ maiuscola, quella di Aids, che fino ad oggi ha colpito oltre 60 milioni di persone in tutto il mondo, uccidendone almeno la metà.
La segnalazione ufficiale dei primi casi avvenne in maniera confusionaria: esattamente 30 anni fa, all’inizio di giugno, l’autorità federale per il controllo delle malattie evidenziò ‘cinque giovani uomini, tutti omosessuali’, con una forma particolare di polmonite. Un mese dopo fu pubblicato il primo articolo sull’Aids dal ‘New York Times’, intitolato ‘Rare Cancer Seen in 41 homosexuals’, cioè ‘raro cancro della pelle rilevato in 41 omosessuali’. Si trattava del sarcoma di Kaposi e fino ad allora era stato osservato raramente in giovani uomini.
A poco a poco si chiarì che i tumori e le polmoniti erano conseguenza di una malattia a trasmissione sessuale che danneggia il sistema immunitario, ma le teorie sulla sua origine furono le più disparate.
Ci vollero tre anni per identificare l’Hiv, il virus che causa l’Aids. I funzionari federali americani la chiamarono sindrome da immunodeficienza acquisita nel 1982, dopo vari tentativi di denominazioni discriminatorie come ‘Grid’ o immunodeficienza correlata ai gay”.
Relativamente ai 30 anni dell’Aids l’Ansa ha emesso un comunicato:
L'Aids 30 anni fa nasceva così: uno scarno comunicato di tre paginette sull'Mmwr (morbility and morbidity weekly report) l'agile opuscolo diffuso dal quartier generale del centro per le malattie degli Stati Uniti di Atlanta, segnalava ai centri sentinella americani alcune inusuali malattie in 5 giovani omosessuali maschi. Risiedevano nelle grandi aree urbane di Los Angeles e di New York e presentavano una polmonite e un raro tumore della pelle. Era il 5 giugno del 1981. Dopo due mesi i casi da 5 arrivarono a 41.
Quelle segnalazioni dei Cdc sono considerate l'inizio ufficiale dell'epidemia di Aids, una malattia che ha cambiato la vita di milioni di persone, che continua dilagare nel pianeta e che ha mutato la storia della medicina.
Secondo l'ultimo rapporto dell'Unaids sono più di 33 milioni le persone che vivono con il virus Hiv, quasi 3 milioni i bambini, mentre nel 2009 si calcola che si siano infettate 2,6 milioni di persone e morte 2 milioni.
In Italia il virus Hiv infetta una persona ogni due ore; negli ultimi 20 anni è aumentata l'età media nella quale si contrae l'infezione (39 anni per gli uomini e 35 per le donne) e in 8 casi su 10 il virus Hiv si trasmette per via sessuale. Gli eterosessuali sono i più colpiti (65,4%) e il 25,3% non presenta fattori di rischio”.
In un altro comunicato dell’Ansa si può leggere:
“A 30 anni dal primo caso di Aids la malattia ha un volto completamente diverso, ma è tutt'altro che debellata soprattutto nel Sud del mondo, dove ancora 400.000 bambini sono contagiati ogni anno, nonostante esistano le cure per azzerare la trasmissione del virus Hiv da madre a figlio.
‘Fondamentalmente la grande svolta sono state le cure: hanno cambiato la storia dell'Aids nei Paesi occidentali, trasformandolo da una malattia non curabile ad una malattia cronica’, osserva il direttore del Dipartimento del Farmaco dell'Istituto Superiore di Sanità, Stefano Vella. ‘Il risultato importante è che il trattamento, se comincia precocemente, è in grado di abbattere la trasmissione del virus del 97%’.
Il problema è che ovunque nel mondo, nel Sud come al Nord, nella maggioranza dei casi ci si accorge di essere sieropositivi al momento della diagnosi.
‘La storia quindi non è finita - ha osservato - perché il virus continua a circolare e compaiono nuovi focolari vicino a noi, come sta accadendo nell'Est europeo’. Per questo non bisogna abbassare la guardia e intervenire in tempo per abbattere le epidemia emergenti: ‘é come spegnere i nuovi focolai di un grande incendio’.
Ed anche nel mondo occidentale, dove finora si sono riportate tante vittorie, l'epidemia ‘cova ancora sotto la cenere’. Focolai immensi sono in atto in Africa e bisogna seguire con attenzione quanto sta accadendo in Cina e India.
‘In un mondo globale - rileva Vella - la malattia va affrontata nella sua globalità’. E' proprio questo il tema della conferenza mondiale della International Aids Society (Ias) in programma a Roma dal 17 al 20 luglio. E tre sono le priorità che il mondo della ricerca sta indicando: l'accesso universale alle cure, proseguire la ricerca sui vaccini (‘quelli preventivi sono ancora lontani’, rileva l'esperto) e trovare una cura che non richieda un trattamento a vita.
Quanto ci sia ancora da fare in tutte e tre queste direzioni emerge dalle cifre: ‘basti pensare che ogni anno nel mondo 400.000 bambini continuano a contrarre il virus dalla madre, nonostante sia possibile azzerare a costo basso la trasmissione del virus Hiv da madre a figlio: questo è fattibile economicamente e scientificamente ed è una priorità assoluta’.
Oggi nel mondo sono in trattamento 7 milioni di persone, prosegue l'esperto, ‘ma c'é ancora molto da fare: non si tratta solo di portare i farmaci, ma bisogna rafforzare i sistemi sanitari’”.
E’ bene che la consapevolezza della necessità che ci sia ancora molto da fare nella lotta contro l’Aids si diffonda il più possibile. Io noto che, attualmente, l’attenzione dell’opinione pubblica nei confronti di questa malattia è molto ridotta. Certamente i successi conseguiti sono importanti ma l’Aids è tutt’altro che debellato. Pertanto può risultare utile, anzi necessario, “riaccendere i riflettori” sull’Aids. Altrimenti è possibile non solo che l’Aids non sia sconfitto definitivamente, almeno in tempi ragionevoli, ma anche che questa malattia subisca un considerevole aumento della sua diffusione.
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